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Un Ponte al Trapianto Cardiaco (2a parte)

L'assistenza ventricolare meccanica permette, come abbiamo avuto modo di spiegare la scorsa volta, di fruire di un supporto artificiale in grado di consentire la sopravvivenza a pazienti con insufficienza cardiaca avanzata in cui la terapia medica non è più in grado di garantire il quadro clinico.

Sviluppi futuri: solo l'esperienza diretta sull'uomo sarà in grado di fornire delle risposte sulle specifiche questioni quali per esempio i meccanismi della coagulazione e della risposta immunitaria, gli effetti fisiologici della tecnica operatoria e della gestione intra e postoperatoria.

L'ottimizzazione delle superfici e delle connessioni anatomiche del sistema permetteranno il perfezionamento della tecnica operatoria con conseguente riduzione dei punti di sanguinamento, dei fenomeni compressivi su strutture vascolari e di dislocazione dei tessuti circolanti.

La valutazione dell'interazione tra elementi del sangue e di superficie del device, la biocompatibilità dei materiali e lo studio della dinamica dei fluidi all'interno del device, permetterà l'individuazione dei siti a più elevato potere trombogeno, nonché una maggiore conoscenza sulla durata dei materiali e una riduzione del grado di emolisi.

Un'attenta analisi della risposta fisiologica del corpo umano e del singolo apparato o organo all'introduzione dei supporti meccanici permetterà di progettare apparecchi in grado di assicurare una capacità funzionale il più possibile a quella dell'individuo sano e di stabilire dei criteri in grado di indicarci la possibilità di recupero del danno d'organo.

Resta da comprendere appieno la fisiologia dei sistemi di coagulazione e dell'aggregazione piastrinica, punto chiave di una più efficace, meno rischiosa e impegnativa terapia anticoagulante nella gestione del paziente portatore di VAD.

Casistica: dal marzo 1988 al novembre 1998 alla Divisione di Cardiochirurgia "Angelo de Gasperis" sono state effettuate 40 assistenze ventricolari meccaniche come "bridge" al trapianto cardiaco (tabella 1), 37 pazienti maschi e 3 femmine con un età variabile tra i 16 e i 63 anni (media 42). Al momento dell'applicazione dell'assistenza circolatoria tutti i pazienti erano in bassa portata o in shock cardiogeno, in trattamento farmacologico massimale con inotropi e/o vasodilatatori.

Dopo l'applicazione dell'apparecchio di assistenza tutti i pazienti hanno avuto un miglioramento emodinamico e della funzionalità epatica e renale.

In 11 pazienti è stata applicata una assistenza biventricolare (5 Thoratec, 6 Abiomed), in 29 la sola assistenza ventricolare sinistra (5 Thoratec, 1 Abiomed, 22 Novacor, 1 Medos). La durata dell'assistenza come bridge al trapianto è variata da 2 a 343 giorni.

Otto pazienti sono deceduti in corso di assistenza.

Tre pazienti sono, attualmente, portatori di LVAD, rispettivamente da 657,89 e 15 giorni e sono in attesa di trapianto.

Dei pazienti con VAD 27 (67,5%) sono stati sottoposti a trapianto cardiaco, di questi 20 (74,1%) sono stati dimessi dopo il trapianto.

I risultati della nostra casistica sono sovrapponibili a quelli delle migliori casistiche mondiali riferite al "bridge" al trapianto.

Conclusioni: in un recente studio relativo a pazienti riferiti per trapianto al nostro centro e ricoverati per condizioni di grave instabilità emodinamica con necessità di supporto inotropo per via endovenosa, è stata dimostrata la severità della prognosi dello scompenso "refrattario" si è registrata una percentuale assai ridotta di dimissioni in terapia medica pari al 54%.La mortalità globale della popolazione studiata è stata del 35%.

In questo gruppo di pazienti la terapia medica intensiva non sempre riesce ad ottenere la risoluzione del quadro clinico di bassa portata e il conseguente effetto negativo sugli organi periferici. È dimostrato che i provvedimenti che in questi casi incidono favorevolmente sulla prognosi sono quelli chirurgici: impiego dell'assistenza ventricolare come "bridge" al trapianto o, in assenza di un importante danno d'organo, il trapianto "urgente".

Di fatto, però, il concetto d'urgenza nel trattamento raramente si traduce in un intervento. Sembra quindi che l'indicazione al supporto meccanico del circolo costituisca il cardine della soluzione chirurgica dello scompenso refrattario.

L'estrema complessità dell'assistenza ventricolare, i suoi costi e la necessità d'alta e specifica qualificazione del personale medico ed infermieristico coinvolto suggeriscono che tale metodica sia concentrata in Centri con adeguato potenziale scientifico, tecnologico e organizzativo. Riteniamo anche opportuno che all'interno degli stessi Centri con attività di trapianto cardiaco, l'assistenza circolatoria sia affidata ad un gruppo selezionato e dedicato.

Autore: Ettore Vitali - Giuseppe Bruschi