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Aritmie lente

Sento che il mio cuore rallenta i battiti, a volte sento una capriola nel petto e ho la sensazione che perda i battiti"; oppure: "il mio cuore accelera improvvisamente anche se sono a riposo, non sottoposto a sforzi o a stress".

Questi sono i sintomi che il paziente riferisce al medico dopo la prima insorgenza o ancor prima che siano insorti gli effetti di aritmia. Stiamo parlando di aritmie lente o ipocinetiche e di aritmie veloci o ipercinetiche.

In questo articolo tratteremo le aritmie lente.

Cosa determina il battito cardiaco con una frequenza media di 60/70/min.?

Nella parete posteriore dell'Atrio destro del cuore c'è un piccolo cervellino: il nodo seno-atriale capace di emettere impulsi nervosi che fanno contrarre prima gli atri e in successione, passando per un altro centro (nodo atrio-ventricolare), i ventricoli.

Questo sistema di eccitazione-conduzione provoca una normale contrazione degli atri e dei ventricoli che si riempiono e svuotano soddisfacendo le funzioni di tutti gli organi del corpo. Numerose condizioni patologiche possono provocare danni transitori o permanenti a questo sistema:

  • Bradicardia (Malattia Atriale)


  • Origine - danni al centro dell'automatismo o di eccitazione.
    Provoca una rallentata emissione di stimoli oppure una mancata emissione, con arresto del battito.

    Conseguenze - astenia intensa, impossibilità ad eseguire semplici sforzi, scarsa concentrazione, vertigini sino a fugaci perdite della coscienza.

    Terapia - somministrazione di farmaci che contrastano la malattia.

  • Blocco atrio-ventricolare


  • Origine - danni alle vie di conduzione degli stimoli derivanti da: forme congenite, forme infiammatorie, forme a carattere degenerativo (sclerosi) di solito in pazienti oltre la VI decade che costituiscono un danno permanente.

    Presenta vari quadri elettrocardiografici e diverse condizioni cliniche:

    a) blocco AV di I grado - semplice rallentamento del tempo di conduzione dall'atrio al ventricolo;

    b) blocco AV di II grado - rallentamento dello stimolo ed eventualità che non passi attraverso il nodo atrio-ventricolare;

    c) blocco AV totale - danno molto rilevante alle vie di conduzione, gli atri si contraggono senza alcuno stimolo passante oltre il nodo AV.

    Conseguenze - poco rilevanti nei blocchi AV e di I e II grado; gravi nel blocco AV di III grado in quanto viene impedito il normale riempimento e svuotamento dei ventricoli.
    Anche i ventricoli possono contrarsi grazie a numerose cellule capaci anch'esse di emettere stimoli, seppur di bassa frequenza rispetto a quelli del nodo-seno-atriale.

    L'elettrocardiogramma evidenzia, in tal caso, le onde P, espressione dell'attività atriale, a frequenza 70-80/min. e complessi ventricolari (battiti ectopici) a frequenza 30-40/min. indipendenti tra loro.

    Terapia - nel blocco di grado avanzato, in fase d'emergenza, si somministra un farmaco che risveglia i centri ectopici ventricolari, permettendo di attuare la terapia elettrica provvisoria o definitiva: stimolazione del cuore.

    Trattare le malattie ipocinetiche con la stimolazione elettrica ha rappresentato una tappa importante per la cardiologia.

    Il Pacemaker è una protesi al litio applicata al cuore che emette stimoli elettrici, capace di sopperire alla mancata emissione o conduzione di quelli naturali, in grado di sentire l'eventuale attività del cuore ed evitare pericolose competizioni tra battito spontaneo e artificiale.

    Dal 1960 ad oggi la tecnologia, con l'esperienza dei medici impiantatori, ha saputo creare protesi estremamente intelligenti, miniaturizzate (50 grammi), con una durata di 6-7 anni e con moltissime funzioni, tra le quali:

  • stimolazione dell'atrio e del ventricolo con modalità sequenziale (pacemaker bicamerale);


  • aumento della frequenza di stimolazione per assecondare le richieste metaboliche del paziente quali sforzo, stress… (pacemaker fisiologico);


  • memoria tipo HOLTER per sapere come ha funzionato la protesi tra un controllo e l'altro.


  • Dopo un impianto di pacemaker il paziente va controllato periodicamente per personalizzare il funzionamento della protesi, in relazione del variare delle situazioni cliniche negli anni.

    Nel Centro De Gasperis il primo pacemaker è stato impiantato nel gennaio 1961.

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