NOAH-AFNET 6 - Finalmente evidenze sulla fibrillazione atriale subclinica?
A cura di Marco Carbonaro Cardiologia 3 Elettrofisiologia
La fibrillazione atriale (FA) è una causa comune di ictus ischemico, ma molti episodi di FA rimangono non diagnosticati e spesso lo stroke è la prima manifestazione di un’aritmia fino a quel momento non nota. [1] Il monitoraggio ECG nei pazienti sopravvissuti a stroke ischemico criptogenetico può rivelare episodi silenti di FA parossistica fino nel 15-20% dei casi. [2,3] La diagnosi precoce della FA e il conseguente inizio di una terapia anticoagulante ha il potenziale di ridurre l’incidenza di questi stroke a genesi embolica. [4]
La maggior parte dei moderni dispositivi cardiaci elettronici impiantabili consente la rilevazione di episodi di elevata frequenza atriale (“atrial high rate episodes”, AHRE). Dati derivanti da grandi coorti di pazienti hanno dimostrato che la presenza di AHRE aumenta il rischio di stroke, sebbene solo una minoranza di questi pazienti sviluppi FA clinica. [5] D’altra parte, i dati di efficienza e safety dell’anticoagulazione orale sono stati dimostrati su pazienti con FA registrata all’ECG di superficie, mentre il setting della FA subclinica manca di forti evidenze di letteratura. [6]
Dati di estremo interesse in questo senso sono giunti dal trial NOAH-AFNET 6, presentato in occasione del congresso ESC 2023. [7]
Questo studio, spontaneo, multicentrico, randomizzato in doppio cieco, ha analizzato 2536 pazienti con AHRE della durata di almeno 6 minuti che presentassero età maggiore di 65 anni ed almeno un ulteriore fattore di rischio per stroke, assegnati a terapia anticoagulante vs placebo.
I soggetti assegnati al braccio di terapia anticoagulante hanno ricevuto Edoxaban 60 mg (opportunamente ridotto a 30 mg secondo gli abituali criteri), mentre ai pazienti assegnati al gruppo placebo veniva somministrata una compressa priva di principio attivo o acido acetilsalicilico 100mg/die se clinicamente indicato (es pazienti con sindrome coronarica cronica, o arteriopatia periferica).
I gruppi si presentavano omogenei, con un’età media di 77 anni, la maggior parte era portatrice di un dispositivo endocavitario (80% pace-maker, 8% ICD, 11% CRT) mentre una piccola percentuale era portatrice di loop recorder (1% circa). La durata media degli episodi di alta frequenza atriale era pari a 2.8 ore ed era simile nei due gruppi, che presentavano un profilo di rischio embolico sovrapponibile (CHA2DS2-VASc =4). Il tasso di pazienti che sviluppavano fibrillazione atriale clinica era pari a circa il 9%, simile nei due gruppi. L’outcome primario era l’incidenza composita di morte per eventi cardiovascolari, stroke o embolia periferica. L’outcome di sicurezza era rappresentato da un composito di morte per ogni causa e sanguinamenti maggiori. Tra gli outcome secondari particolarmente interessante era la valutazione dei singoli componenti dell’outcome primario.
Il trial è stato interrotto precocemente per ragioni di safety senza raggiungere i 220 eventi di efficacia predeterminati, con un follow-up mediano di 21 mesi.
Non sono state osservate differenze significative nell’endpoint primario di efficacia, mentre la terapia con edoxaban ha portato ad un aumento statisticamente significativo degli eventi avversi.
Per quanto riguarda gli endpoint secondari un evento ischemico cerebrale è avvenuto in una bassa percentuale di pazienti (0.9% pazienti/anno nel gruppo edoxaban e 1.1%pazienti/anno nel gruppo placebo) inferiore all’incidenza attesa per pazienti con FA clinica in letteratura.
I risultati di questo studio, con l’aumento degli eventi emorragici e la bassa incidenza di stroke non ulteriormente ridotta dalla terapia con Edoxaban, suggerirebbero che non sia appropriato iniziare una terapia anticoagulante in assenza di FA clinica, seppur in presenza di un alto rischio embolico.
La maggiore differenza tra i pazienti studiati nel trial e i pazienti con FA clinica sarebbe da attribuire alla bassa frequenza degli AHRE, con un basso burden aritmico che in letteratura si associa ad un rischio inferiore di stroke. [8]
Alcune limitazioni dello studio sarebbero da identificarsi nel basso numero di eventi, che potrebbe aver reso non apprezzabile un piccolo beneficio nella prevenzione dello stroke e nel fatto che le conclusioni tratte su uno degli anticoagulanti orali disponibili potrebbero non essere generalizzabili alle altre molecole.
A questo proposito si attendono a breve i dati di uno studio simile, ARTESIA, che ha testato Apixaban in un setting clinico sovrapponibile.
Nell’attesa di ulteriori evidenze dovremmo quindi approcciarci al paziente con FA subclinica come suggerito anche dalle più recenti linee guida, con un attento follow up che tenga conto dell’aumentato rischio di progressione verso la forma clinica e sfruttando tutte le tecnologie a nostra disposizione (es.il monitoraggio remoto) per una precoce valutazione dei cambiamenti del quadro clinico.
BIBLIOGRAFIA [1] Grond M, Jauss M,Hamann G, et al. Improved detection of silent atrial fibrillation using 72 -hour HolterECG in patients with ischemic stroke: a prospective multicenter cohort study. Stroke2013;44(12): 3357-64.
[2] Gladstone DJ, Spring M, Dorian P,et al. Atrial fibrillation in patients with cryptogenic stroke. N Engl J Med 2014;370(26):2467-77.
[3] Kirchhof P, Blank BF, Calvert M, et al. Probing oral anticoagulation in patients with atrial high rate episodes: rationale and design of the non-vitamin K antagonist oral anticoagulants in patients with atrial high rate episodes (NOAH-AFNET 6) trial. Am Heart J 2017; 190: 12-8.
[4] Hindricks G, Potpara T, Dagres N, Arbelo E, Bax JJ, Blomstrom-Lundqvist C et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS): the Task Force for the diagnosis and management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC) developed with the special contribution of the European Heart Rhythm Association (EHRA) of the ESC. Eur Heart J 2021;42:373–498.
[5] Toennis T, Bertaglia E, Brandes A, et al. The influence of atrial high-rate episodes on stroke and cardiovascular death: an update. Europace 2023;25:euad166.
[6] Toennis T, Bertaglia E, Brandes A, et al. The influence of atrial high-rate episodes on stroke and cardiovascular death: an update. Europace 2023;25:euad166.
[7 Kirchhof P, Toennis T, Goette A, et al. Anticoagulation with Edoxaban in Patients with Atrial High-Rate Episodes. N Engl J Med. 2023;389(13):1167-1179. doi:10.1056/NEJMoa2303062
[8] Link MS, Giugliano RP, Ruff CT, et al. Stroke and mortality risk in patients with various patterns of atrial fibrillation: results from the ENGAGE AF-TIMI 48 trial (effective anticoagulation with factor Xa next generation in atrial fibrillationthrombolysis in myocardial infarction 48). Circ Arrhythm Electrophysiol 2017; 10(1):e004267.
[9] Lopes RD, Alings M, Connolly SJ, et al. Rationale and design of the apixaban for the reduction of thrombo-embolism in patients with device-detected sub-clinical atrial fibrillation (ARTESIA) trial. Am Heart J 2017;189:137-45.
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