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Statistiche che “fanno male” al cuore

Secondo l’Istat, aumentano i cittadini che rinunciano a prestazioni sanitarie necessarie. Un problema trasversale che riguarda anche il cuore.

 

Rapporto BES 2023 sulla salute

 

4,5 milioni di cittadini hanno dovuto rinunciare a visite o accertamenti

Ci sono dati che vorremmo non dover registrare, ma che non si possono ignorare. Anzi, li vogliamo condividere, convinti che la consapevolezza aiuti a prendersi cura della salute. Del cuore, ma non solo.

 

Il rapporto Istat Bes 2023 (Benessere equo e sostenibile in Italia) evidenzia come nel 2023 risultino aumentati nel nostro Paese, rispetto al 2022, i cittadini che rinunciano a prestazioni sanitarie necessarie.

 

Lo scorso anno, la quota delle persone che hanno dovuto fare a meno delle cure – visite mediche (escluse quelle odontoiatriche) o accertamenti diagnostici ritenuti necessari – ammonta al 7,6% sull’intera popolazione, in aumento di oltre mezzo punto percentuale rispetto al 7,0% dell’anno precedente.

 

Con 372 mila persone in più, si raggiunge un totale di circa 4,5 milioni di cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite o accertamenti per problemi economici, di lista di attesa lunghe o difficoltà di accesso ai luoghi di erogazione del servizio.

 

Chi rinuncia di più alle prestazioni sanitarie necessarie

L’incremento dei “rinunciatari” rilevato dall’Istat non è omogeneo.

 

La quota della rinuncia a prestazioni sanitarie cresce all’aumentare dell’età. Nella “fotografia” della situazione del 2023, partendo dall’1,3% rilevato tra i bambini fino ai 13 anni, la quota mostra un picco nell’età adulta tra i 55-59enni, dove raggiunge l’11,1%, per restare elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%). L’incremento tra il 2022 e il 2023, a sua volta, riguarda solo la popolazione adulta (18-64 anni), che passa dal 7,3% all’8,4%.

 

Il rapporto Bes 2023 conferma, inoltre, le già note differenze di genere: la quota di rinuncia è pari al 9,0% tra le donne e 6,2% tra gli uomini, con un divario che nel 2023 si amplia ulteriormente per l’aumento registrato tra le donne adulte.

 

A livello territoriale, l’incremento del 2023 rispetto all’anno precedente si concentra soprattutto al Centro (dal 7,0% all’8,8%) e al Sud (dal 6,2% al 7,3%): riemergono cioè le differenze geografiche che si erano attutite tra il 2020 e il 2021 e completamente annullati nel 2022. La quota più alta di rinuncia si registra nel Centro (8,8%), seguito dal Mezzogiorno (7,7%), mentre il Nord con 7,1% mantiene lo stesso livello del 2022.

 

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Perché sempre più cittadini rinunciano a visite e accertamenti

Il 4,5% della popolazione complessiva nel 2023 dichiara di rinunciare a causa delle lunghe liste di attesa e il 4,2% lo fa per motivi economici.

 

Rispetto al 2019, la quota di rinuncia causata dai tempi di attesa quasi raddoppia (era 2,8%), mentre si riallinea la rinuncia a prestazioni per motivi economici (era infatti 4,3%). Rispetto al 2022, si consolidano quindi i noti problemi delle liste di attesa (+0,7 punti percentuali), ma cresce soprattutto la quota di chi rinuncia per motivi economici, che guadagna 1,3 punti percentuali in un solo anno. La quota di chi rinuncia per problemi dovuti al Covid-19 diventa residuale (0,1%, era 5,9% nel 2021).

 

Il “perché del perché”

Secondo il rapporto Istat, l’andamento delle rinunce a causa dei tempi di attesa troppo lunghi e dei costi elevati di esami e visite nel 2023 può attribuirsi a conseguenze dirette e indirette dello shock pandemico, come il recupero delle prestazioni in attesa differite per il Covid-19 o la difficoltà di riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria, tenuto conto dei vincoli a coprire l’aumento della domanda di prestazioni con un adeguato numero di risorse professionali e, non ultima, la spinta inflazionistica della congiuntura economica, che ha peggiorato la facoltà di accesso ai servizi sanitari.

 

Tradotto: organizzazione inadeguata dei servizi sanitari, scarsità di medici e operatori dovuta a risorse economiche insufficienti, e un’inflazione che ha ridotto la possibilità per i cittadini di rivolgersi ai servizi sanitari.

 

 

17/04/2024
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