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Esercizio fisico nella cardiopatia ischemica

Il miglioramento delle cure interventistiche e preventive ha prolungato di molto l’aspettativa di vita nei pazienti con cardiopatia ischemica: eventi infartuali che non molti anni fa potevano segnare la fine o una drastica riduzione della vita attiva per le persone colpite, sono ora spesso solo un episodio di una vita che mantiene una lunga prospettiva. In questo contesto va inquadrata la necessità che medici e infermieri acquisiscano la capacità di dare consigli (counseling) sulla qualità della vita in presenza di una dimostrata malattia coronarica.
Dopo un evento infartuale, o un intervento di rivascolarizzazione, le indicazioni per la ripresa della normale vita di relazione, e l’opportunità di acquisire stili di vita meno aterogeni, hanno un impatto sulla qualità di vita, e sul rischio di futuri eventi cardiovascolari, non inferiore alla prescrizione di terapie convenzionali.
Posso riprendere a fare sport? Posso riprendere a fare sesso? Questo sono alcune delle domande più frequenti che un paziente pone al medico al momento di essere dimesso dall’ospedale.
Tratteremo in questa sede dei benefici dell’attività fisica, benefica per tutti senza ombra di dubbio.
1) Impatto dell’attività fisica sulle manifestazioni della cardiopatia ischemica
È provato che l’esercizio fisico regolare nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica aumenta la resistenza allo sforzo, riduce la sintomatologia anginosa e migliora il profilo glucidico, quello lipidico e i valori pressori. La perfusione miocardia è aumentata attraverso meccanismi che conducono a miglioramento della funzione endoteliale e attenuazione dello stress ossidativo vascolare.
2) Training fisico come alternativa alla rivascolarizzazione nell’angina stabile
In un recente studio randomizzato, 101 pazienti con cardiopatia ischemica cronica, sono stati trattati con rivascolarizzazione percutanea oppure assegnati ad un programma di attività fisica regolare della durata di 12 mesi. Nella fase seguente dello studio è stata osservata una minore incidenza di eventi cardiovascolari nei soggetti arruolati nel braccio del training fisico; angioplastica e attività fisica sono risultate ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia anginosa, ma l’attività fisica ha favorito una più elevata tolleranza allo sforzo e un incremento del consumo massimo di ossigeno, ossia della performance cardio-respiratoria globale.
3) Impatto sugli eventi coronarici
Durante gli ultimi decenni è stato consistentemente documentato come una scarsa attività fisica preceda la manifestazione di coronaropatia, mentre una regolare attività fisica riduce di circa la metà il rischio di eventi cardiovascolari. Benefici simili si osservano in soggetti già noti per coronaropatia. La metanalisi degli studi clinici di prevenzione secondaria, in pazienti arruolati nel corso di riabilitazione dopo infarto miocardio acuto o dopo rivascolarizzazione, ha dimostrato che l’esercizio fisico riduce la mortalità totale e cardiaca del 27%.
La prescrizione dell’ attività fisica
Il presidente dell’American Hearth Association, Robert Eckel, sostiene che un colloquio di soli tre minuti sullo stile di vita (esercizio fisico e alimentazione) è un investimento fruttifero che ogni medico dovrebbe fare ad ogni visita, in quanto la motivazione del paziente a fare esercizio e a perdere peso è maggiore se la sollecitazione viene dal personale sanitario. Dopo un evento ischemico, i pazienti sono spesso ansiosi riguardo alla ripresa dell’attività fisica, allarmati dal grado di affaticamento prodotto e, sebbene questa facile affaticabilità sia spesso il risultato della perdita o della mancanza di allenamento, essa è erroneamente interpretata come l’evidenza di un danno cardiaco permanente.
Molto spesso è il personale sanitario ad essere eccessivamente restrittivo nel counseling relativo all’attività fisica, a causa di una errata valutazione della pericolosità dell’esercizio fisico in pazienti con cardiopatia ischemica.
Tuttavia, è stato ripetutamente dimostrato che il training fisico è sicuro ed ha una bassissima incidenza di eventi cardiaci avversi.
L’intensità ideale, la frequenza e la durata dell’attività fisica nella prevenzione secondaria non sono ancora state determinate con precisione.
Le raccomandazioni in soggetti noti per coronaropatia dovrebbero essere basate sulla clinica ed eventualmente sull’esito di un test ergometrico. In pazienti a più alto rischio, come quelli con disfunzione ventricolare sinistra o estese aree di ischemia inducibile, la fase iniziale di training deve avvenire sotto controllo medico, preferibilmente in Centro di Riabilitazione.
(Fine prima parte)

Autore: Stefano Savonitto e Michela Caracciolo