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Medico, Cardiopatia e Paziente

Sul rapporto medico/paziente sono stati scritti fiumi di parole e linee guida, e nel corso degli ultimi anni si sono fatti grandi passi avanti nella rivalutazione di questo problema.
Il consenso informato, per esempio, rappresenta una tutela sia per paziente che per il medico, ma necessita di una spiegazione esauriente da parte degli operatori.
Per consuetudine si è più affezionati al medico di famiglia, ma di fronte ad una patologia specifica, il rapporto con lo specialista diventa un passo obbligatorio. Talvolta si attribuisce ai medici un comportamento troppo “asettico” verso i pazienti, ma, anche se così fosse, il paziente deve essere in grado di comprendere il suo stato clinico. Pertanto, è dovere dello specialista esporre con chiarezza al paziente tutto ciò che riguarda la sua patologia. Tutte le patologie cardiache incutono timore e vengono vissute dal paziente come una menomazione grave delle propria vita lavorativa, sociale e privata.
Ecco perché si rivela fondamentale il rapporto con lo specialista di riferimento, cardiologo o cardiochirurgo, del quale si deve avere piena fiducia, non solo per la capacità professionali ma anche per l’approccio con la persona.
Il malato è un paziente che soffre per una malattia che altera il suo stato psico-fisico, e l’ospedale deve essere una struttura che si dedica alle sua cura senza risparmio alcuno, ovviamente nel rispetto del buon senso e di una corretta gestione delle risorse.
Un laureato in Medicina è preparato per la diagnosi e la cura delle patologie medico/chirurgiche, ma non su come si dovrà comportare con i pazienti. Sarebbe fondamentale introdurre tra le materie obbligatorie alcuni esami di psicologia attitudinale.
Passando dall’altra parte della barricata, come è capitato al sottoscritto, al quale in età ancora giovanile è stata diagnosticata una cardiopatia ischemica da trattare con by pass coronarici, ci si accorge improvvisamente di come il malato sia fragile e desideroso di attenzioni non solo professionali.
Nella mia posizione di medico/paziente ho voluto intraprendere una nuova attività presso il Dipartimento De Gasperis, come volontario della Fondazione De Gasperis.
Mi sono reso conto, nel corso di un anno di frequentazione del reparto di Cardiochirurgia, di come sia importante parlare con un cardiopatico in attesa di intervento, che desidera spiegazioni tecniche ma anche sostegno e conforto. Ho anche verificato che i medici del reparto, oltre che esperti chirurghi, sono molto disponibili verso il malato nel renderlo edotto su tutto ciò che riguarda la sua patologia e su quello che bisogna fare per curarla. Ma spesso il tempo è tiranno, i turni dei medici e del personale paramedico sono estenuanti e non sempre ci si può dedicare ad ascoltare il malato.
Penso, quindi, che l’attività di volontariato per la Fondazione De Gasperis sia utile per i pazienti ricoverati, rinfrancati, oltre che dal medico, anche da una persona che cerca di trasmettere fiducia e ottimismo per affrontare queste importanti patologie.

Autore: Dottor Piero Bedoni - Volontario della Fondazione De Gasperis